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su 4 euro 3 rubati dal fisco

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Altro che un euro su quattro rubato al fisco. È il fisco che ci ruba tre euro su quattro. E non lo diciamo da iper-liberisti, convinti che lo Stato non dovrebbe esistere e che qualsiasi tassazione superiore all’1% sia una rapina.

Lo diciamo da persone che vivono, quotidianamente, l’inferno fiscale italico. Quello in cui produrre ricchezza legalmente è diventato impresa titanica visto che lo Stato, socio occulto di maggioranza indesiderato di ogni imprenditore, si “pappa” tre euro sui quattro prodotti col sudore della nostra fronte. Esagerazioni? I dati dicono di no. Basti vedere cosa certifica la Cgia di Mestre: 68,3% di tasse sulle Pmi. Certo, dirà qualcuno, son tutti artigiani evasori in conflitto di interessi. Peccato che la stessa percentuale sia confermata da un’elaborazione del colosso di consulenza britannicoPricewater Coopers che conferma come le imposte sulle nostre imprese siano proprio al 68,3%: le più alte d’Europa, il 2,6% in più della tassaiola Francia e il 15,3% in più della “socialista” Svezia, ferma al 53%. tutti gli altri Paesi son sotto la soglia del 50%: 46,8% in Germania, 40,6% in Finlandia (altro Paese socialdemocratico), 30,2% in Svizzera e appena il 21% in Lussemburgo giusto per fare alcuni esempi. Gli stessi dati sono confermati dal rapporto Doing Business 2013 della Banca Mondiale che precisa come in Italia le tasse sui profitti raggiungano ben il 68,4%. forse è per questo che l’Index of economic freedom dell’Heritage Foundation ci piazza al 35° posto in Europa (su 43!) per libertà economica.

Certo, conosciamo bene la risposta statalista: se le tasse son così alte è perché si evade troppo. Lo hanno ribadito, ancora, gli autori dell’articolo su Rep – Federico Fubini e Roberto Mania – dicendo che le imprese son «responsabili» dei disoccupati di questo Paese: «Evadono l’Iva, dunque lo Stato tiene alte le imposte, soprattutto sul lavoro». Quindi se tutti pagassero le tasse, queste sarebbero più basse e ripagherebbero tutti. Ci dovrebbero spiegare come mai, visto cheBefera ha recuperato una media di 12 miliardi l’anno dall’evasione (12,7 nel 2011, 12,5 nel 2012 e ancor di più nel 2013), le tasse sono aumentate e i servizi non sono certo migliorati. Innocenzo Cipolletta, ex presidente di Fs e – come riferisce Wikipedia – titolare di 14 incarichi in gran parte pubblici, dovrebbe spiegarci come mai ha intitolato il suo ultimo libro “In Italia paghiamo troppe tasse. FALSO”: davvero non capiamo perché una pressione fiscale così insostenibile gli piaccia tanto. O, forse, lo capiamo fin troppo bene.

È un dato di fatto che – come diceva il presidente Luigi Einaudi – «in Italia nessuno crede nemmanco a scuoiarlo vivo, che le imposte possano in futuro diminuire. Aumentare sì, diminuire mai». E difatti non son mai diminuite: non per colpa dell’evasione, ma della spesa pubblica corrente e improduttiva. E aveva ragione anche Milton Friedman quando diceva che l’Italia, con la pressione fiscale insostenibile che abbiamo, «in certi casi l’evasore è un patriota». Alla faccia dei cinguettatori della correttezza fiscale.

Ps: dalle nostre parti vige la legge evangelica che dice: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Nel maggio 2012 la Commissione tributaria regionale di Roma ha condannato il Gruppo editoriale L’Espresso – editore di Repubblica – a pagare una multa di 225 milioni di euro per plusvalenze, ad avviso della Commissione, realizzate e non dichiarate nel 1991. Il ricorso è passato in Cassazione, che a mesi dovrebbe dare il suo giudizio. Vedremo come andrà. Non vorremmo – giusto per restare in tema cristiano – che qualcuno guardi la pagliuzza più della trave.