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da l'indipendenza

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di STEFANO MAGNIL’Index of Economic Freedom 2013, la classifica della libertà economica dei Paesi di tutto il mondo, riconferma ancora una volta una vecchia verità: piccolo è libero. Gli Stati caratterizzati dalla maggior libertà del mercato sono cinque: Hong Kong, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera.Hong Kong è una città-Stato, teoricamente parte della Cina, ma ancora indipendente di fatto. Essendo riconosciuta quale “regione amministrativa speciale”, ha un suo ordinamento giuridico, segue le sue regole economiche, ha istituzioni che non rispondono direttamente al regime di Pechino. Nel corso del 2012 ha combattuto strenue battaglie (pacifiche) di resistenza contro le prevaricazioni del Partito Comunista Cinese, soprattutto nel campo della censura e dell’istruzione. E ne è uscito vincitore. Benché la libertà economica di Hong Kong sia leggermente in calo rispetto all’anno scorso, la città-Stato cinese è quella che, nel mondo, garantisce maggiormente il diritto di proprietà individuale ed è quasi del tutto libera dalla corruzione (contrariamente ai numerosi scandali della Cina). La sua tassa piatta (valida per tutti i livelli di reddito) resta ferma all’aliquota del 15% sulle persone e del 16,5% sulle imprese. La spesa pubblica è cresciuta nell’ultimo anno, ma resta inferiore al 20% del Pil. Le regole sul mercato del lavoro e delle imprese sono ancora le più trasparenti ed efficienti del mondo. E’ e resta l’ambiente migliore in cui investire. Il tutto in una singola città da circa 7 milioni di abitanti.Singapore, altra città-Stato asiatica, indipendente dal 1965, presenta caratteristiche simili a quelle di Hong Kong. E’ infatti una piccola società fondata su un mercato completamente libero, con una tassazione bassissima (20% per le persone, 17% per le imprese), una solida tutela dei diritti di proprietà individuale e intellettuale e la possibilità di fare impresa con pochissime scartoffie burocratiche. Per avviare una nuova attività bastano appena tre giorni, in media. Investitori nazionali e stranieri godono degli stessi diritti, senza alcuna barriera all’accesso. Basti vedere che su 120 banche, ben 100 sono straniere. Anche qui, il mercato del lavoro e delle imprese è e resta uno dei più efficienti e trasparenti del mondo. Il tutto in una singola città da 5,3 milioni di abitanti.L’Australia, si dirà, è gigantesca, grande quanto tutto il continente europeo. Eppure è ancora da considerarsi uno Stato “piccolo”, perché ha meno di 23 milioni di abitanti. Dispersi su un territorio tanto vasto, vanno a formare una nazione di piccole comunità e poche metropoli. La sua struttura amministrativa federalista fa sì che siano città e comunità che si autogovernano. Quindi è uno Stato che presenta tutte le caratteristiche del “piccolo”. E la sua economia, come quella di Hong Kong e di Singapore, è caratterizzata, prima di tutto, da una rigorosa garanzia del diritto di proprietà individuale. Le tasse non sono così basse sulle persone (aliquota massima al 45%), ma sono semplici e abbastanza basse per le imprese: una tassa piatta al 30%. Quel che effettivamente rende l’Australia un Paese economicamente molto libero è il mercato del lavoro, delle imprese e l’apertura agli investimenti internazionali.Con la Nuova Zelanda torniamo allo scenario classico di un Paese molto piccolo e molto libero. Con appena 4,4 milioni di abitanti, dispersi su un territorio all’incirca pari a quello dell’Italia, questa isola nel Pacifico meridionale è un piccolo paradiso per chiunque voglia fare impresa. Assieme a Hong Kong, le sue regole sulla libertà del mercato delle imprese e del lavoro sono le più liberali del mondo. Anche qui la proprietà individuale è considerata sacra e protetta come tale. La corruzione è pressoché inesistente. Il tallone d’Achille della Nuova Zelanda, dal punto di vista di un liberista, potrebbe essere rappresentato dalla spesa pubblica, smisurata rispetto al resto: quasi il 50% del Pil. Ma a quanto pare se la possono permettere, da quelle parti, senza far pagare uno sproposito di tasse ai cittadini: l’aliquota più alta è del 33% per le persone e del 28% per le imprese.Infine, proprio dietro l’angolo, abbiamo ancora la Svizzera che si riconferma nella top 5 delle economie più libere del globo. Neutrale, territorialmente molto piccola, patria originaria del sistema politico federalista, è classificata come il Paese meno represso di tutta l’Europa. Forse (quasi certamente) perché è fuori dall’Unione Europea e dalle sue burocrazie. Benché confini con l’Italia e ne condivida la lingua, almeno nel Canton Ticino, la Confederazione Elvetica, secondo i punteggi dell’Index, ha 20 punti in più di libertà economica. Le differenze che stridono di più sono nella tassazione, nella spesa pubblica, nel mercato finanziario, in quello del lavoro e nella libertà dalla corruzione. In termini semplici: il governo federale elvetico spende (in proporzione al Pil) la metà di quello italiano, tassa i suoi cittadini 4 volte meno, è molto più aperto agli investitori stranieri e non è corrotto. Mentre lo Stato italiano presenta una corruzione endemica, da Paese africano.Si potrà dire che non tutti gli Stati piccoli siano liberi. E’ verissimo. Ma perché tutti gli Stati più liberi sono piccoli, o federalisti? Sarà solo un caso?