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due Italie

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di ROMANO BRACALINI

Il 5 maggio 2010 il settimanale britannico The Economist, che a differenza delle nostre gazzette, ha fama di non tacere le verità scomode e impopolari, ridisegnò la cartina d’Europa per riunire i vari paesi, o parte di essi, in un ordine più omogeneo e coerente. In questa nuova mappa, l’Italia settentrionale avrebbe dovuto far parte di una Confederazione del Nord, insieme ad altri paesi (Francia, Germania, Austria, ossia l’Europa economicamente più forte); l’Italia meridionale, da Roma in giù, veniva separata e riunita alla Sicilia, così da formare un redivivo “Regno delle Due Sicilie”, soprannominato, con appropriato termine semantico, ”Bordello” (in italiano nel testo), apparentato al marasma greco in una unione monetaria più debole.

Il quadro era meno fantapolitico di quanto si credesse. Perché la divisione del Centro-Nord e del Sud Italia in due stati distinti (sul modello belga, tanto per cominciare) sarà, prima o poi, inevitabile in una Europa non più basata sui vecchi modelli degli Stati-Nazione, destinati a scomparire, ma suddivisa in aree geografiche ed economiche, in nuove aggregazioni e alleanze regionali sempre più ampie e compatibili fuori dei vecchi confini.

Sul medesimo argomento, con dati ancor più rigorosi e convincenti, s’è espresso il presidente del Fondo Monetario Internazionale che in una intervista a La Stampa, ha dichiarato, senza tanti giri di parole, che la crisi monetaria in atto potrà portare al distacco del Nord Italia, compatibile con l’Eurozona, dal Sud continentale e insulare, il quale come area economicamente più debole non potrà reggere alle regole ferree del mercato.

Le vicende storiche solitamente prevalgono sulle legittime aspirazioni dei popoli ma col tempo finiscono per riparare ai danni compiuti. Nel 1861, quando le due parti del Paese stavano per saldarsi insieme, in obbedienza al calcolo di interessi della dinastia sabauda, non si diede importanza al fatto che le differenze spaventose tra il Nord e il Sud avrebbero fatto fallire un simile progetto di insania. Tra Nord e Sud c’erano le medesime differenze che correvano tra l’Europa evoluta e civica e l’impero ottomano; e il paragone è di don Giustino Fortunato, meridionale di Basilicata, non di un bieco nordista. L’ex regno dei Borboni era rimasto al Medio Evo, senza industrie, senza una borghesia moderna, senza leggi moderne, senza catasto. Una sola linea ferroviaria di 90 chilometri attorno a Napoli, mentre si andava da un luogo all’altro a dorso di mulo. L’unità ebbe come conseguenza di rendere esplosiva questa diversità che poneva il Mezzogiorno in una condizione di inferiorità rispetto al Nord; il quale Nord, senza colpa, aveva subìto l’aggancio del Sud come una remora al suo ordinato sviluppo.

Non solo in Italia c’era chi pensava che l’unità fosse stata un clamoroso errore, ma nelle cancellerie d’Europa si commentava l’avvenuta unione del Nord e del Sud come di un fenomeno contro natura. Il Sud, sentendosi trascurato, maturò un invincibile senso di frustrazione e di odio crescente verso i “nordisti”, che sfruttavano il Sud, invece di mantenerlo, come poi avvenne con i provvedimenti finanziari a pioggia e la Cassa del Mezzogiorno. Libellisti meridionali d’oggi, con poco senno e col ricorso alla falsità storica (chi non ha testa abbia gambe, dice il proverbio), hanno dipinto il Sud come un Eldorado ,una terra ricca e felice; e i “terroni” nel loro inguaribile senso di inferiorità si sono sentiti vendicati di tante umiliazioni.

In realtà, l’Italia, ieri come oggi, è fatta di due parti inconciliabili: una europea e l’altra levantina; l’Italia Cisalpina e, per dirla con il siciliano Lombardo, l’Afroitalia. Segnali inequivocabili che il patto d’unione non regge più ci arrivano sempre più frequentemente dall’Europa, come l’ultimo dal FMI. Se invece che su un falso sentimento unitario, ci si basa sui numeri, e se ne prende atto onestamente, la divisione del Nord e del Sud Italia non è più una prospettiva remota. L’Italia “una e indivisibile”, motto desunto dalla Francia giacobina, è solo nella testa dei più ottusi.